Se ne sentiva la mancanza. Gli italiani avevano davvero bisogno di un sussidio di tale entità. Avevano la necessità di un aiuto da parte del governo, che fino ad oggi sembrava ricordarsi solo dei top manager aziendali e dei professionisti più abbienti.
Invece no. Ci eravamo tutti sbagliati. Siamo sempre nei cuori dei nostri politici che tanto bene amministrano il nostro stato.
E’ infatti da poco nata la fantomatica, e fantascientifica, Social Card. Una carta di credito prepagata che verrà concessa in base ad alcuni parametri. Su questa carta verranno caricati ogni mese ben 40€, con i quali si potranno fare acquisti nei negozi convenzionati, che applicheranno inoltre alcuni sconti.
Davvero ottimo come provvedimento. Permetterà al glorioso popolo italiano, ormai condizionato a rovistare tra gli scarti dei mercati, di sopravvivere un po’ di tempo di più.
Non so a voi, ma a me sembra piuttosto falso come provvedimento. Specie se poi, leggendo i giornali, si scopre che Daniel Bernard, capo del CDA di una nota catena di supermercati, è stato licenziato poichè le azioni hanno perso 56€ di valore in 5 anni. Questa motivazione sarà sicuramente legata alla sua amministrazione, che era incentrata su un ribasso notevole dei prezzi. Dal mio punto di vista, non certo quello di un economista, la perdita azionaria è comunque legata all’attuale crisi economica. Ma ammetto che queste posso essere semplici congetture.
Posso però citare altri due esempi. Ho avuto modo di informarmi a proposito dei PCT, i finanziamenti Pronti Contro Termine. Si tratta di un tipo di operazione bancaria nella quale per un breve termine il cliente presta alla banca una certa somma di denaro, che il venditore, l’istituto di credito, impegna su azioni o obbligazioni di vario tipo. Allo scadere del Termine, breve, da uno a tre mesi, per arrivare ad un anno, il cliente riaquisisce la somma di denaro, più un interesse che la banca concede, che è certamente inferiore rispetto alla crescita delle azioni, ma che è molto simile alla crescita tipica dei titoli di Stato. Il vantaggio che ne trae il cliente è una crescita della quantità di denaro sicura. La banca può invece contare su una certa somma di denaro che sarà certamente disponibile per un certo periodo.
Vengo al dunque dopo aver introdotto l’argomento. Dai dati dello scorso dicembre (2007) si evince che i PCT non hanno un importo minimo, in genere, o l’entità di questo importo è di circa 1000€. Non bazzeccole, ma un importo pur sempre raggiungibile. Documentandomi ho notato una crescita sostenuta degli importi minimi. Fino a giungere ad alcuni istituti con un minimo di 25000€. E non istituti per VIP o personalità del mondo economico. Ma banche Popolari o Artigiane, che hanno quindi canoni ed importi gestiti meno ingenti, se presi singolarmente. Tuttavia la cifra è decisamente esosa, e difficilmente raggiungibile, anche da una persona fisica o una famiglia di ceto medio. Al posto di donare 40€ al mese ad alcune famiglie, per “arginare la crisi” non si sarebbe potuto clausolare, dopo il risanamento statale delle banche investite dal crack, una limitazione degli importi minimi per gli investimenti o qualsiasi altro sostanziale provvedimento relativo all’investimento di risparmi? In questo modo non si sarebbe toccato il bilancio statale, ma semplicemente si sarebbe istituito un rapporto di “io ti aiuto, tu mi aiuti”.
E questo era uno dei commenti. Il secondo è relativo alle manovre effettuate a proposito del prezzo della benzina e del gasolio. Con l’attuale crisi finanziaria il prezzo del petrolio è tornato piuttosto basso, con relativo abbassamento dei prezzi dei singoli carburanti. Ma all’indomani dell’inizio del calo dei prezzi la manovra statale è stata quella di bloccare i prezzi dei carburanti. Non di rimuovere le accise sugli idrocarburi che ingiustificatamente persistono da molti anni. Su un blog piuttosto visitato ho trovato il seguente elenco di tutte le accise a tutt’ora in vigore.
L’elenco completo comprende le seguenti accise:
1,90 lire per il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935;
14 lire per il finaziamento della crisi di Suez del 1956;
10 lire per il finanziamento del disastro del Vajont del 1963;
10 lire per il finanziamento dell’alluvione di Firenze del 1966;
10 lire per il finanziamento del terremoto del Belice del 1968;
99 lire per il finanziamento del terremoto del Friuli del 1976;
75 lire per il finanziamento del terremoto dell’Irpinia del 1980;
205 lire per il finanziamento della guerra del Libano del 1983;
22 lire per il finanziamento della missione in Bosnia del 1996;
39 lire per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.
La somma di tali accise evidenzia, pertanto, una tassazione di 485,90 lire (ossia 25 centesimi di euro) per ogni litro di carburante acquistato.
fonti: Corriere della Sera e Wikipedia
tratto da: Frecciatricolore
Non è molto chiaro il motivo per il quale quando i prezzi dei carburanti aumentano non si possono bloccare, mentre quando scendono il provvedimento è pressochè immediato. Forse sarebbe meglio interrogarsi su questa stranezze del nostro Bel Paese.